Una storia italiana

‘La memoria del cuore’ di Letizia Ranzi Antonucci

di Maria Lanciotti

Il testo fotografico si avvale degli archivi di Letizia Ranzi Antonucci e di Giorgio ed
Enzo Orlandi. Nella foto di copertina Marcello e Angela Ranzi negli anni ’30, presso
il laghetto di San Benedetto a Subiaco.

Già dal titolo di questo libro, ‘La memoria del cuore’ – Ingegno Grafico 2010, Letizia Ranzi Antonucci si rivela al lettore con tutta la sua urgenza di riassumere e raccontare un lungo vissuto che abbraccia altre vite, altre epoche e situazioni. Una bella storia italiana che la Ranzi, con chissà quale immensa fatica, riesce a ricostruire fra ricordo e passione, e una nostalgia dolcissima per l’amore e gli amori che hanno attraversato tutta la sua vita.

La memoria del cuore certamente, emozionale e affettiva, ma anche memoria storica che annota con estrema cura fatti luoghi e nomi, supportata da un archivio fotografico di grandissimo valore documentale oltre che artistico. Letizia Ranzi, insegnante di scuola elementare, non è nuova alla scrittura. Ha già pubblicato alcune opere teatrali che sono state rappresentate riportando un lusinghiero successo, racconti sulla vita e tradizioni locali e ha curato inoltre i testi di numerose recite scolastiche. Ma è con questo lungo, intenso e suggestivo racconto che la Ranzi si misura in pieno con l’arte della scrittura superando egregiamente la prova. La storia prende l’avvio nel 1926 a Subiaco quando Marcello Ranzi, fotografo romano, s’imbatte per la prima volta nella cittadina fascinosa all’ombra dei monti e del campanile, ricca di bellezze artistiche e paesaggistiche, e se ne innamora per sempre. Subito vi apre uno studio fotografico, il terzo dopo quello di Roma e un altro a L’Aquila, fa per alcuni anni la spola fra le varie località che ospitano i suoi laboratori, finché non decide, nel ‘32, di trasferirsi a Subiaco con tutta la famiglia, moglie e due figlie. Letizia, detta Ninni, la figlia più piccola, sarà l’io narrante che farà rivivere, con incredibile lucidità e ricchezza di particolari, non solo la realtà di un luogo con tutti i suoi personaggi,  accadimenti e mutamenti, ma anche un secolo di storia, nazionale e mondiale, che si riflette nelle vicende della famiglia Ranzi, stirpe d’antica origine francese che passando per Torino approdò a Roma e con la scelta di Marcello si radicò in provincia. La figura dominante del racconto è una bimba vivace e curiosa che imperiosamente rimette in moto tutto quel che fu, non accettando la fine di un mondo che si portò via, insieme alla sua infanzia, la figura più cara che solo per alcuni anni fu il fulcro della sua esistenza e poi il perenne rimpianto. Un grande affresco della Subiaco aristocratica di prima della guerra che non trascura però la vita contadina, osservata dall’autrice con simpatia e talvolta con un certo coinvolgimento, pur mantenendo ben netta la distanza fra i diversi ceti. Stile personalissimo, ricercato e tuttavia spontaneo, pagine che si snodano fluentemente fra prosa e poesia, e un testo fotografico che rispecchia perfettamente quello letterario per una visione d’insieme efficacissima. Una grande opera che solo da un viscerale amore per il luogo poteva scaturire, e di cui certamente la città di Subiaco sarà riconoscente all’autrice che ha sacrificato – se così si può dire – l’armonia del testo inserendovi tanti nomi e fatti marginali e omettendo probabilmente qualche inevitabile aspetto negativo, con grande riguardo per la sua città d’adozione e i suoi abitanti.

Il testo fotografico si avvale degli archivi di Letizia Ranzi Antonucci e di Giorgio ed Enzo Orlandi. Nella foto di copertina Marcello e Angela Ranzi negli anni ’30, presso il laghetto di San Benedetto a Subiaco.